Il Segreto della Bontà dell’Aceto SHOUBUN
L’elemento che contraddistingue l’aceto Shoubun è l’idea che a sta alla base del processo produttivo, ereditata dagli antenati, che oggi solo i discendenti della famiglia Takahashi conoscono, trasmessa di generazione in generazione. La famiglia Takahashi ha tramandato di generazione in generazione, di padre in figlio la ricetta di quest’arte di produzione dell’aceto ed è stato lasciato fino a noi un volume della tradizione di famiglia, sulla cui prima pagina troviamo scritto “Le ricette che seguono non dovranno mai e in nessun caso essere viste da nessuno se non coloro che erediteranno la gestione dell-azienda. Dobbiamo mantenerle nella nostra famiglia”
Durante questi lunghi periodi di attività nel campo della produzione dell’aceto, che portiamo avanti da 300 anni ci sono stati molti momenti in cui abbiamo percepito delicati cambiamenti nell’ambiente ma non abbiamo mai smesso di impegnarci. Inoltre da un lato vogliamo trasmettere gli insegnamenti che ci sono stati tramandati con passione dai nostri antenati e dall’altro vogliamo cercare di diminuire, anche se di pochissimo, le difficoltà per le generazioni future, in uno spirito che cela l’amore parentale. Si dice che produrre del buon aceto sia come crescere un figlio, non si può mai togliere loro gli occhi di dosso o trascurarli. Da materie prime che beneficiano della ricchezza naturale alla produzione di un aceto di riso nero integrale che segue la tradizione, questo è il segreto del nostro aceto. Gli ingredienti per la produzione dell’aceto nero sono solamente tre: riso, acqua e koji, all’apparenza molto semplice. Ma proprio per questa semplicità la qualità degli ingredienti è fondamentale, perché è quella che lascia il segno nel gusto finale dell’aceto. Per esempio il riso integrale per la produzione dell’ceto nero organico proviene da agricoltura locale biologica di agricoltori dell’area di Kumamoto, per esempio, per cui il riso non passa attraverso processi chimici o l’uso di fertilizzanti e dato che anche l’acqua e l’ambiente circostante sono incontaminati il riso assorbe semplicemente nel suo gusto originale l’influenza della natura in cui è coltivato. E anche a questo rapporto diretto tra produttore e agricoltore è possibile fare visita agli agricoltori e verificare direttamente in prima persona i metodi di produzione. La produzione di aceto nero avviene due volte all’anno, in primavera e autunno, prima o dopo la settimana dell’equinozio. Il riso integrale viene cotto al vapore, viene aggiunto il koji e il tutto viene mescolato insieme e in seguito vengono messi e mescolati in un vaso di terracotta in cui è stata aggiunta precedentemente acqua. Il koji viene smosso e fatto galleggiare sulla superficie del liquido. Questi vasi in terracotta di grandi dimensioni per la preparazione del riso sono per metà sepolti nel terreno e sono stati prodotti così fin da tempi antichi. Questi vasi di terracotta assorbono il calore e stimolano il processo di fermentazione. I coperchi di questi vasi sono fatti di carta, che è stata ricoperta con una mistura di funori e succo di caco. Sui coperchi sono scritti a mano con inchiostro l’anno il mese e la il giorno di produzione.
Come sta crescendo? Produrre l’aceto è come crescere un figlio
All’interno dei vasi il processo di fermentazione di tutti gli ingredienti avviene in maniera spontanea. Il koji di alta qualità utilizzato trasforma il riso in zuccheri e grazie all’uso di un fungo del lievito si trasforma in alcool e infine diventa aceto grazie all’azione di un batterio dell’acido acetico che è distribuito sulla superficie. Questo è il misterioso processo della produzione di aceto fatta dai batteri. Tuttavia ciò non significa allo stesso tempo che tutto venga lasciato al fungo e “al caso”. Per la fermentazione statica dentro questi vasi a volte è necessaria assistenza e manutenzione da parte dell’uomo. Durante il processo di tre mesi che avviene all’interno dei vasi in terracotta a volte viene aperto il coperchio per assicurarsi che il processo stia avvenendo correttamente e per controllare lo stato della membrana creata dal fungo. La sua condizione può variare di vaso in vaso e sembra davvero che ognuno di loro abbia la sua individualità. I produttori di aceto spesso infatti dicono “Produrre aceto è come crescere un figlio”.
L’aceto giovane che ha finalmente completato il processo di tre mesi di fermentazione statica finalmente raggiunge l’ultimo passaggio di maturazione e invecchiamento in serbatoi di stoccaggio. L’aceto che è stato preparato subito prima o subito dopo l’equinozio di autunno entra nella fase di invecchiamento in inverno, quando le temperature cominciano ad abbassarsi, mentre dall’altro lato, per l’aceto che viene prodotto prima o dopo l’equinozio di primavera le temperature cominciano ad alzarsi progressivamente. Comune e ancora usato nel mondo della produzione dell’aceto è il detto “nessun caldo o freddo dura oltre l’equinozio”.
Un magazzino dell’era Showa che ha più di 80 anni
Alla Shoubun vengono prodotti vari tipi di aceto da tavola durante l’anno, come aceto puro o aceto fermentato. Ma quest’ultimo metodo di produzione è un processo coscienzioso che richiede tempo per fermentazione e maturazione. E anche negli altri casi è importante la manutenzione del fungo, come per l’aceto nero di riso integrale. Il processo di fermentazione avviene dentro a un magazzino “kura” tradizionale giapponese che ha più di 80 anni. L’aceto viene messo in serbatoi o in barili di legnodi 3000 litri e l’aceto lentamente invecchia. Dato che l’aceto soprattutto verso la metà del suo processo di fermentazione corrode i metalli si cerca di evitare il più possibile l’utilizzo di metalli nella costruzione di barili e serbatoi. Inoltre, dentro al magazzino c’è una buona traspirabilità e d’estate è fresco, mentre d’inverno è mite, quindi l temperatura rimane stabile e controllata durante tutto l’anno. Tuttavia, i produttori tengono sotto stretto controllo la crescita del fungo e si impegnano per stimolare il movimento dei batteri. Se la temperatura cala rapidamente srotolano una stuoia intrecciata sui barili di legno, come per coprirli con una coperta. Se la temperatura aumenta troppo, aprono le porte del magazzino. Sono in costante impegno per proteggere e indirizzare al meglio “la crescita dell’aceto”.
Il nostro obiettivo è un processo controllato, moderato, senza la fretta che caratterizza la ricerca del risultato immediato.
C’è un’altra ragione per cui il processo di fermentazione avviene in questo antico magazzino.
In esso, la cui storia passa attraverso le ere, si trova il “fungo dei magazzini” che si trova nei vecchi stabilimenti dove si produce il sake e nei vecchi magazzini di produzione dell’aceto, che può essere considerato, per così dire, la “madre” del fungo odierno. Questo è quello che fa trasformare l’aceto e gli dà quel sapore rotondo. Dalla fermentazione in kura, passa attraverso i serbatoi di stoccaggio e diventa aceto con un peculiare acidità che si fissa in un chiaro colore ambrato. Gli artigiani controllano il colore, l’aroma e il gusto e dopo severi controlli che ne attestino l’indiscutibile qualità, finalmente l’aceto passa attraverso gli step finali di filtraggio e sterilizzazione e viene imbottigliato e venduto come prodotto finale. Se si mette a confronto con i tipi di aceto che vengono fatti fermentare velocemente richiede molto più tempo e lavoro ma il nostro metodo continua ad essere portato così da 300 anni. Certamente sono state introdotte nuove tecnologie, come il controllo della temperatura ma il basilare metodo d produzione si è mantenuto intatto dai tempi antichi. Questo è perché noi stessi crediamo ancora fermamente che nulla possa essere prodotto e creato con la fretta. Ma piuttosto Shoubunsu è fiera di essere ancora rimasta agli antipodi della “produzione veloce”.